Karakorum Highway: Cina – 2006
2.500 chilometri dal Pakistan alla Cina – seconda parte
La strada del Karakorum (KKH) è la strada asfaltata internazionale più alta del mondo. Collega la Cina al Pakistan attraversando la catena montuosa del Karakorum, superando il passo Khunjerab ad un’altitudine di circa 4.800 metri che ne fa di gran lunga la più alta via asfaltata del mondo che attraversi un confine internazionale. La strada, che collega i Territori del Nord del Pakistan all’antica Via della seta, è lunga circa 1.200 km da Kashgar (nello Xinjiang, Cina, uno dei più importanti mercati dell’Asia Centrale) a Havelian nel distretto di Abbottabad del Pakistan. Il proseguimento della strada incontra la Grand Trunk Road ad Hasan Abdal, ad ovest di Islamabad. Il nostro viaggio ci porta in circa 2.500 chilometri dalla capitale pakistana, Islamabad, a Urumqi, capitale della regione cinese del Xinjiang, costeggiando Afghanistan, Tajikistan e Kyrgyzstan. (Mappa della KKH)
Nota bibliografica.
Un consiglio molto soggettivo: per piombare dentro al clima storico e politico che rende di tanto fascino la Via della Seta vale la pena di leggere due volumi di Peter Hopkirk: Diavoli stranieri sulla via della seta, Adelphi, Milano, 2006 Il Grande Gioco, Adelphi, Milano, 2005
10 agosto: Frontiera fra Pakistan e Cina – 150 km. di terra di nessuno – Khunjerab Pass – Tash Qurgham
Al confine pakistano di Sust facciamo il primo cambio e a bordo di un auto governativa percorriamo i circa 150 km di strada che ci divide dalla dogana cinese: si prosegue lungo i tornanti che portano al Khunjerab Pass (4700 m), poi discesa a Pirali e proseguimento tra i grandiosi paesaggi dell’ altopiano del Pamir sino a Tash Qurgham: sugli sconfinati pianori erbosi pascolano greggi di pecore, yak e cammelli dei pastori nomadi Tagiki. Il trasferimento dall’ultima cittadina pakistana al primo insediamento cinese (293 km: 10 ore circa) impegna l’intera giornata. Arrivo a Tash Qurgham (3200 m), espletamento delle formalità di ingresso in Cina e trasferimento definitivo sul pulmino cinese. Antico centro di interscambio lungo la Via della Seta dominato da un antico forte, Tash Qurgham è il primo insediamento stabile che si incontra in territorio cinese.
11 agosto: Tash Qurgham – Lago Karakul – Kashgar
Visita della cittadina che conta circa 20.000 abitanti, quindi partenza per Kashgar (300 km: 7 ore circa). La strada corre sull’altopiano del Pamir in un paesaggio vario e sconfinato che alterna pascoli d’alta quota, gole e aride vallate. Alla nostra sinistra scorre l’Afghanistan. Sosta al lago Karakul (3700 m) dove, nelle giornate limpide, lo sguardo abbraccia un grandioso anfiteatro di cime.
lago Karakul
Muz Tagh Ata
Qui la catena del Kongur si profila con una quindicina di ghiacciai, mentre il massiccio del Muz Tagh Ata (7569 m), il Padre dei ghiacciai, si staglia isolato e in tutta la sua imponenza. Sugli altopiani stepposi si estendono le grandi aree di alpeggio dove d’estate i pastori Kirghisi si spostano con i loro greggi e le tipiche tende denominate yurte. Discesa a Kashgar (1260 m), il paese della frutta e dei meloni, assediato dal deserto.
12 e 13 agosto: Kashgar
Giornata dedicata alla visita di Kashgar, un tempo importante centro carovaniero lungo la Via della Seta all’incrocio delle piste che, contornando a nord e a sud il deserto del Taklamakan, collegavano la Cina all’Asia Centrale. Considerata ancor oggi città di frontiera, ultima tappa prima dei passi montuosi che conducono in Pakistan e Afghanistan, Kashgar conserva la sua tradizione culturale e la vocazione mercantile.
Nel reticolo di vicoli dell’animatissimo bazar, tra le atmosfere del passato, si incontrano le genti più svariate: Kirghisi, Curdi, Cinesi e Turcomongoli. Ci perdiamo nel pittoresco mercato della domenica, il più importante dell’estremo ovest cinese, poi visitiamo la moschea Id Kah e la tomba di Abak Hoja infine, nel grande parco, restiamo coinvolti nelle danze uiguri.
Il Tushuk Tash o l’Arco di Shipton.
Eric Shipton (1907 – 1977) ha scoperto e dato il nome al più grande arco naturale esistente, appunto lo Shipton’s Arch, chiamato in lingua uiguri Tushuk Tash (la roccia forata). Shipton, che arrivò all’Arco nel 1940 descrivendolo nel suo libro Mountains of Tartary del 1947, fu il primo scalatore del Monte Kenya nel 1929 e del Monte Kamet (7.756 m) in India. Nel 1933 arrivò a 350 m. dalla vetta dell’Everest prima di rinunciare.
Una spedizione supportata dalla National Geographic tornò nel 2000 e ne stimò l’altezza in 460 metri (1,500 feet ). Il problema sta nel valutare dov’è la base dell’arco, dato che vi è un cumulo di macerie proprio sotto la campata dove l’arco raggiunge la sua larghezza massima.
“At last, emerging from one of these clefts, we were confronted with a sight that made us gasp with surprise and excitement. The gorge widened into a valley which ended a quarter of a mile away in a grassy slope leading to a U-shaped col. Above and beyond the col stood a curtain of rock, pierced by a graceful arch.”
Da Kashgar si prende l’autostrada per Urumqi. Pagato il pedaggio al casello di entrata, dopo circa 6 km. si abbandona l’autostrada alla prima uscita per la Strada 399 (circa N39° 37,195′ E75° 56,627′) in direzione ovest, verso il confine kirkgizo. Si attraversa il villaggio di Uston Artush a circa 19 km e si prosegue fino a un cartello pubblicitario che rappresenta l’Arco (si trova a dx all’imbocco di un ampio wadi percorso da una linea elettrica, dopo la migliare 34 dove si incontra il tabellone ripreso nella foto). A questo punto lasciare l’asfalto e imboccare il wadi (km 0, dir. SW). Dopo circa 3 km proseguire per un wadi minore: la svolta è indicata da un semplice cartello a freccia ed è in prossimità di tre casette che si lasciano a destra (km 3, dir. SSW). Si continua per SSW e poi SW fino al km 9 dove si svolta a sinistra (segnale simile al precedente, N39° 42′ 50,58” E75° 32′ 02,84”). Sempre avanti su terreno sassoso in direzione SSW a incontrare la casa del pastore che “gestisce le scale” (km 11, N39° 41′ 43,92” E75° 32′ 44,46”), ancora per SSW (km 13, N39° 40′ 39,26′ E73° 32′ 14,35”) fino al km 15 a quota 2660 metri dove il wadi si stringe e impedisce di andare oltre in auto. Da questo punto il canyon strettissimo e con salti anche di 4 o 5 metri si inerpica nella montagna fino a quota 2850 circa e… appare l’Arco. Questo avvicinamento a piedi è facilitato dall’uso delle scale che il pastore (vedi prima) ha costruito per superare i passi più difficili (altrimenti una corda si rende necessaria!): dunque mettersi d’accordo con lui, cercandolo a casa sua o nel wadi, per avere a disposizione questi attrezzi al prezzo di 30 yuan a persona… altrimenti scompaiono in qualche anfratto. PS questo succedeva nel 2006 .. ora è tutto diverso!
(nota: i punti GPS e le quote sono approssimative e potrebbero contenere un errore rilevante di qualche diecina di metri per le modalità e gli strumenti utilizzati nella rilevazione)
L’Arco è una meraviglia che vale sicuramente la pena di vedere. L’ultimo tratto di avvicinamento è su erto terreno erboso: la pioggia potrebbe renderlo assai pericoloso così come potrebbe rendere estremamente rischiosa la percorrenza degli strati canali del canyon. Quindi valutare molto bene le condizioni atmosferiche.
Infine: andate a gettare uno sguardo al di là di quella porta naturale sugli strapiombi che si aprono sull’altro versante, avendo in faccia le grandi montagne che chiudono l’orizzonte e ci fanno desiderare una immensa altalena pronta a lanciarci nel vuoto!
14 agosto: Kashgar – Aksu
Da Kashgar si segue la strada corrispondente all’antica pista nord della Via della Seta che correva come un esile filo serpeggiante lungo margine settentrionale del deserto del Taklamakan collegando fra loro una successione di oasi, Kashgar, Aksu, Kuqa, Korla e Turfan. Queste città presentano una loro particolare e interessante fisionomia: estendendosi per diversi chilometri con una regolare scacchiera di campi coltivati delimitati da strade ad angolo retto fiancheggiate da canali e filari di pioppi. Arrivo ad Aksu (468 km: 8 ore circa), centro agricolo fra i più importanti della provincia dello Xinjiang, primato dovuto soprattutto alla grande produzione di cotone.
15 agosto: Aksu – Kizil – Kuqa
Aksu sorge a 1000 metri circa di altitudine ai piedi della catena del Tien Shan, i Monti del Cielo. Da qui partiamo per Kuqa (289 km: 6 ore circa) che sorge a 1100 metri di altitudine: un’importante tappa lungo la Via della Seta, che fu celebrata presso la corte imperiale della dinastia Tang (618-907) per la sua musica e l’abilità delle sue danzatrici nonché come centro di diffusione del buddismo. Infatti, lungo il percorso ci fermiamo alle grotte di Kizil, un complesso di oltre 236 grotte affrescate, una delle più suggestive espressioni dell’arte buddista in Cina.
Subashi
16 agosto: Kuqa – Korla
Nella continuazione del nostro viaggio verso Korla, ci fermiamo a Subashi dove si innalzano, ancora imponenti, le rovine di una grande capitale del III/IV secolo costruita in mattoni d’argilla. I 280 km di distanza si coprono in circa 5 ore e ci portano infine nella moderna città cinese di Korla.
Montagne infuocateGrotte dei 1000 Buddha
18 agosto: Korla – Turfan
Proseguimento in direzione di Turfan (386 km: 7 ore circa), avamposto dell’arte islamica abitato dai Turchi Uygur. Circondata dalle assolate distese del deserto, con i caratteristici filari di pioppi, gelsi e salici, i freschi pergolati da cui pendono invitanti grappoli d’uva, quest’oasi vanta uno dei più complessi sistemi di irrigazione. Ma non solo vino… bensì le famose Grotte dei Mille Buddha di Bezeklik, templi rupestri circondati dal paesaggio dantesco delle “Montagne infuocate”, così denominate per le intense tonalità dell’argilla e dell’arenaria al tramonto del sole. Scrive Peter Hopkirk nel suo “Diavoli stranieri sulla via della seta” (Adelphi, Milano 2006: 164):
“Dopo avere faticosamente spalato gradi quantità di sabbia, si trovarono davanti alle figure dipinte di sei monaci buddisti, a grandezza maggiore del naturale, tre per ciascun lato dell’ingresso. Altre ne seguirono via via che rimuovevano la sabbia.”
Jiahoe Gucheng
18 agosto: Turfan – Urumqi
Mattinata dedicata ad alcune visite nei dintorni di Turfan: la necropoli di Astana, la grandiosa città morta di Gaochang, le rovine della cittadella fortificata di Jiahoe Gucheng, che si trova ad una quindicina di chilometri da Turfan ed è stata costruita dagli Han per proteggere il transito lungo la Via della Seta.
Partiamo nel pomeriggio per Urumqi (189 km: 4 ore circa), la capitale dello Xinjang, città industriale con oltre un milione di abitanti. Qui finisce il viaggio… dopo una visita del Museo dello Xinjiang che ospita collezioni di reperti risalenti al periodo di maggior fioritura della Via della Seta e un importante settore etnografico dedicato alla storia e ai costumi dei popoli Uygur, Kirghisi, Mongoli e Kazaki, il 20 agosto raggiungiamo Pechino.
Da Islamabad a Pechino, dove finisce questo viaggio, si può dire che ne abbiamo viste di tutti i colori… in senso positivo. Abbiamo attraversato regioni considerate rischiose, come quelle del nord del Pakistan, e bordeggiato paesi in conflitto.
In particolare, la regione cinese del Xinjiang è reclamata come Est Turkestan dall’East Turkestan Islamic Movement (ETIM) e dall’East Turkestan Liberation Organization, anche Sharqiy Turkestan Azatliq Teshkilati (ETLO), entrambi nella lista delle organizzazioni terroristiche riconosciute a livello internazionale. Certamente questi movimenti si sono resi responsabili di alcuni attentati negli anni Novanta, di alcuni tentativi di insurrezione e di contiguità con Al Qaeda. E sicuramente non tutti gli Uiguri che aspirano a un grado di libertà maggiore, di quello garantito ora dalla Cina, sono implicati in atti di violenza con questi movimenti.
Desidererebbero tuttavia poter praticare le loro tradizioni e l’Islam nelle sue forme religiose del digiuno, per esempio. E forse ottenere qualcosa in cambio dallo sfruttamento del petrolio della loro terra, tutto incanalato verso Pechino senza essere coinvolti loro malgrado negli accordi che li vendono come “popolo di terroristi” definiti da un pugno di stati troppo potenti per tutti.
A Kashgar, nel Xinjiang cinese e nel Turkestan Orientale gli Uiguri, abbiamo parlato con un giovane di queste cose. La risposta è stata il silenzio. Due giorni dopo, un lasso di tempo lunghissimo, ci ha rivolto una domanda in relazione a quella conversazione “Ma come sapete queste cose?”… c’era voluto tempo per prendere il coraggio di almeno fare vedere, con degli estranei, che anche lui sapeva di cosa stavamo parlando..