Le esperienze dei gastronauti.
La cucina tibetana…. La tsampa è un tipico alimento tibetano che continua ad accompagnare la popolazione nella sua quotidianità, affidandosi all’uso di materie molto semplici, poco costose e di massima reperibilità. Infatti, l’ingrediente principale è la farina di orzo tostato molata finemente.
La cucina del tempio di Sera, a Lhasa, è un antro buio.
La cucina tibetana, come tutto il paese, risente pesantemente della mano cinese….
Donghuamen è il mercato notturno di Pechino, si trova nelle vie centrali della capitale è stato rilanciato nel 2000 come luogo per gustare i piatti tipici della cucina cinese. Vale una passeggiata tra il centinaio di stand, tutti uguali, tutti puliti e ordinati, con i prezzi in vista e gli wok fumiganti ad alta temperatura. Qui si può cenare con lo spiedino di pollo o di maiale, i wanton e altre delizie. Oppure, come ho fatto io, cogliere l’occasione per gustare le prelibatezze più inconsuete.
Socotra è un’isola montuosa. Pertanto il cibo principale è il pesce del mare ricco o la capra della montagna ripida. Il tutto accompagnato dal pane o dal riso. Per bevanda acqua o te. Quest’ultimo, secondo la ricetta del nostro driver, buttato nell’acqua portata a bollore con cardamomo, chiodi di garofano, cannella e zucchero.
Il riso non cresce sull’isola ma non manca mai. Di massima è bollito, magari con qualche spezia nell’acqua e insaporito da una salsa con pomodoro e verdure varie (patate, zucchine, cipolle per il soffritto,…), personalizzata col curry e il cumino.
Cucine e mercati sulla Via della Seta.
Le nostre esperienze gastronomiche lungo la Via della Seta sono state molteplici e, di massima, positive. Dichiariamo subito che gli aspetti negativi hanno riguardato esclusivamente il consumo di alcolici locali, confermando in tutti noi lo sciovinismo già radicato dell’esclusiva preferenza a vino e alcol di origine italiana. In particolare, nella Hunza Valley abbiamo assaggiato una bottiglia del liquore locale chiamata Arak, una sorta di acquavite di more di gelso, che senza lode e senza infamia è tuttavia inadeguata a un consumo durante il pasto, ben lontana dall’Arak più familiare del Medio Oriente. La cosa più divertente è che viene anche chiamata l’acqua degli Hunza, con riferimento alla “mitica” acqua che nascondeva i segreti della longevità di queste popolazioni….
Laos: tra mercati e cucine del Mekong.
L’adorabile Vientiane dispone i suoi tantissimi ristorantini e birrerie sulle rive del Mekong invitando laotiani e turisti al passaggio con aperitivo. Ma non si tratta di una caratteristica della sola capitale, bensì di un tratto comune a tanti paesi dell’Indocina: dove la cucina ha tratti economici e culturali peculiari. L’esperienza può, infatti, essere traumatizzante là dove si mangia tutto quello che ha un po’ di vita: i mercati e le cucine sono luoghi d’avventura e sperimentazione unica e memorabile. (Laos 2008)
La taghella: il pane del Sahara.
La taghella o tagella è il pane conosciuto in tutto il Sahara: si tratta di un impasto di acqua e farina, senza lievito, che in forma di disco schiacciato viene fatto cuocere sotto la brace o sotto la sabbia caldissima. Ne esce un focaccia più o meno sottile, sempre “croccante” sotto i denti, che viene spesso lavata prima di essere mangiata, poi servita intera o spezzettata – come nel nostro caso – magari con qualche intingolo che la insaporisce. (Algeria 2001)
La birra: ovunque…..
«For a quart of ale is a dish for a king»
(William Shakespeare, da Il racconto d’inverno, atto IV, scena III)
Oggi è facile dire di qualcosa che sia “una cultura”: spesso è un processo di nobilitazione del banale che utilizza il senso traslato di cultura per rendere importanti le cose che non lo sono. Eppure, sono convinto che di cultura della birra si possa parlare a causa delle conoscenze che la sua produzione implica, dei comportamenti che intorno alla produzione, al commercio e al consumo si sono sviluppati, del valore che questo prodotto ha per la sopravvivenza biologica di molte popolazioni.
Potremmo immaginarci… i tedeschi senza birra, per restare nella scorrettezza degli stereotipi facili? E’ come parlare di italiani senza spaghetti!
I nostri mieli.
Non solo il miele è antico ma, da sempre, la sua dolcezza è metafora di tutte le dolcezze. Nella Bibbia il Signore si rivolge a Mosè per dirgli “…Vi farò uscire dalla umiliazione dell’Egitto, verso il paese del Cananeo, dell’Ittita, […] verso un paese dove scorre latte e miele.” ( Esodo ) E ancora: “Va pure verso la terra ove scorre latte e miele” ( Esodo). Il termine “miele” appare 55 volte nella Bibbia, 16 delle quali come parte dell’immagine di Israele “terra di latte e miele”. Si crede comunemente che il termine si riferisca al miele prodotto dai frutti come i datteri e i fichi.
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