Chi siamo, le nostre radici

Siamo due viaggiatori curiosi, conosciuti al mondo come Marco e Irene. La meta del nostro ritorno è sempre Milano, dove abbiamo casa. “Pratichiamo il viaggio” perché camminare il mondo con la gente è il nostro modo di farne parte: il mondo è una grande strada aperta di fronte a noi. La nostra professione, tuttavia, non è quella del viaggiatore – se non dello spirito, allora sempre! -. Irene è imprenditrice di se stessa. Mentre Marco fa il professore all’università dove insegna sociologia, comunicazione e gestione della crisi. Quest’ultima nota professionale è in qualche modo utile nei nostri viaggi: prima per andarsi proprio a ficcare e poi per togliersi dalle cosiddette “situazioni scomode”. Anche perché molte delle nostre mete hanno a che fare con le attività di ricerca del “professore”. Qui di seguito proponiamo tre spunti, per noi tre guide, che danno ragione al nostro viaggiare.

Giuseppe Candeo – 1891

In rosso Giuseppe Candeo davanti alla tenda con i componenti della spedizione. Ovviamente Marco e Irene a colori, sono arrivati nella fotografia dopo.

Probabilmente il viaggio è entrato a far parte del nostro modo di vedere il mondo fin da piccoli. Da parte di mamma, di Marco, si ritrova un vecchio pro zio che fu uno dei primi esploratori italiani. E dunque, senza voler essere troppo deterministici in senso biologico, pur riconoscendo il peso della cultura, qualcosa nel sangue ci deve essere. Infatti, quando nel 1882 lo Stato italiano decise di rilevare alcune aree africane per iniziare la sua conquista coloniale cominciando dall’Eritrea (che sarà colonia l’1/1/1890), Giuseppe Candeo (Noale, Ve., 1859 – Venezia 1899) con Baudi di Vesme (Torino 1857-1931) fu il primo nel 1891 a fare un viaggio di esplorazione nella Somalia centrale: a lui si deve la conoscenza dell’Ogaden e la compilazione della grande carta della stessa regione.

Giunto a Harar, il 22 maggio 1891 fu imprigionato per ordine del Ras Makonnen e il giorno dopo Baudi di Vesme seguì la stessa sorte, in seguito ambedue furono espulsi.  Al loro rientro pubblicano il resoconto in un volume dal titolo “Un’escursione nel Paradiso dei Somali“. Nel Bollettino della Società Geografica Italiana (2002) si scrive: «…l’esploratore si pone con l’occhio dell’investigatore attento, spogliato da qualsiasi pregiudizio per cui, ad esempio, lo stesso mito della “venere nera”, uno tra i più classici e suggestivi stereotipi della letteratura di viaggio che decantava la bellezza e la sensualità della donna africana, viene notevolmente ridimensionato. Anche quelle che erano le bizzarrie degli usi indigeni, o vere e proprie atrocità, come ad esempio quella di evirare gli uomini caduti in battaglia, sono raccontate senza alcun atteggiamento di condanna o di disprezzo.

Solo nei confronti degli abissini il tenore del resoconto assume un tono più spregiativo, poiché nei loro confronti il giudizio era condizionato dalle prepotenze subite dall’autore durante la prigionia ad Harar». Le fotografie di Giuseppe Candeo costituiscono uno dei fondi più importanti della Società Geografica Italiana e il suo erbario è tuttora conservato nel museo di Firenze: Giuseppe Candeo è il prozio a cui si è fatto riferimento.
Nella nostra biblioteca, il testo di Ugo CaimpentaL’Italia in Africa, Aurora, Milano 1937, illustra molto bene le vicende delle esplorazioni italiane nel continente con numerose illustrazioni che ritraggono i “pionieri” di queste imprese, tra cui Di Vesme e Candeo.

I pionieri dell’Africa orientale
Vedere – I pionieri dell’Africa Orientale 1934
Spedizione Baudi di Vesme – 1891 Fotografia originale sulla rivista Vedere, pubblicata nell’aprile del 1934 e dedicata a “I Pionieri dell’ A. O.”.

Viandante sul mare di nebbia – Caspar David Friedrich pittore tedesco a cavallo fra il ‘700 e l’800 esponente dell’arte romantica – è un citatissimo olio del romanticismo tedesco. In quella figura di spalle, in abiti borghesi e in posa plastica stagliata contro un solenne paesaggio montano noi viaggiatori ci siamo spesso riconosciuti. Noi lo confessiamo, Irene e io, e sono convinto che anche voi, giunti a leggere queste pagine, vi ritrovate, come noi, a guardare l’abisso coperto di nebbie, immaginando che cosa ci sia oltre, progettando la vostra discesa tra quelle valli. E ancora più in là: che c’è dietro la cima in fondo? Le ragioni della sua arte, Friedrich le ritrova dentro di sè:  

Viandante sul mare di nebbie Caspar David Friedrich Amburgo, Kunsthalle

«l’unica vera sorgente dell’arte è il nostro cuore, il linguaggio di un animo infallibilmente puro. Un’opera che non sia sgorgata da questa sorgente può essere soltanto artificio. Ogni autentica opera d’arte viene concepita in un’ora santa e partorita in un’ora felice, spesso senza che lo stesso artista ne sia consapevole, per l’impulso interiore del cuore». 

Quanto le ragioni del viaggio che abbiamo affrontato o stiamo per affrontare coincidono con l’opera d’arte di Friedrich? Il viaggio non può che cominciare a esistere dentro al viaggiatore che primo lo sente e poi lo realizza in un momento magico in cui vede l’acqua e il mare da attraversare e i deserti e le montagne da valicare. Quella nebbia ci attira, come la cresta della duna che non ci fa vedere oltre e la cima della montagna che taglia la vista. Ma fosse anche solo una siepe: non ci unisce la voglia di guardare al di là, di andare avanti?  Ecco che allora per noi il viaggio è la soluzione saggia e spesso competente per la nostra dannata curiosità, senza alcuna rinuncia alla spinta poetica che contiene

Miranda – The tempest: J.W. Waterhouse / 1916

Possiamo trovare anche un’interpretazione tutta femminile al “Viandante” in un autore a noi caro: ecco che ci immedesimiamo in Miranda – La tempesta del 1916 di John William Waterhouse (Roma 1849 – Londra 1917). Pittore inglese “Preraffaellita moderno” non viaggiò nel mondo terrestre,  ma solo in quello della mente; fu ispirato inizialmente dalla mitologia classica e dalla mitologica arturiana: Ulisse lo guidò nei suoi viaggi e Artù nel mondo della fantasia della “materia di Bretagna e delle leggende celtiche, così come nella maturità Shakespeare fù la sua guida fino alla morte prematura per malattia che acuì la natura sognante dei suoi personaggi, in prevalenza dame e ninfe.


Sulle orme di un antenato esploratore, con lo spirito del viandante tra le nebbie, l’ultimo “imprinting” lo ha dato lo Scautismo. Marco perché dall’età di otto anni è parte del Corpo Nazionale Giovani Esploratori ed Esploratrici Italiani – CNGEI. Irene perché dal 1978 è insieme a Marco: dunque inevitabilmente coinvolta nel circuito scout.
Lo Scautismo…..
…..ci ha dato la tecnica per non perdersi e avere sempre qualcosa di gustoso da mangiare;
…..ci ha forgiato lo spirito per andare oltre le difficoltà con serenità;
…..ci ha dato una Legge semplice ma universale per camminare sulla strada.

The Scout Promise

On my honour I promise that I will do my best
To do my duty to God and my Country;
To help other people at all times;
To obey the Scout Law.

The Scout Promise

The Scout Law

  1. A Scout’s honour is to be trusted.
  2. A Scout is loyal.
  3. A Scout’s duty is to be useful and to help others.
  4. A Scout is a friend to all and a brother to every other Scout.
  5. A Scout is courteous.
  6. A Scout is a friend to animals.
  7. A Scout obeys orders of his parents, Patrol Leader or Scoutmaster without question.
  8. A Scout smiles and whistles under all difficulties.
  9. A Scout is thrifty.
  10. A Scout is clean in thought, word and deed. 
Badenpowel – fondatore degli scout

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